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Gocce d'acqua marina bussano sul vetro della mia finestra. Appoggio il libro sul davanzale.
Guardo il rio, ingrigito dalla nebbia, reso ancor più tetro da una coppia di sposini abbracciati sopra una gondola. Sono figure inanimate, immerse nell'umido silenzio del mattino veneziano d'autunno.
Sembra di guardare una vecchia cartolina in bianco e nero, sbiadita dal tempo se non fosse per gli enormi smartphone che tengono in mano.
Aqua Alta, senza la lettera C, era l'espressione usata dai veneziani per definire l'alta marea, uno degli elementi preponderanti di questo racconto, primo volume della serie.
A Venezia non esistono cantine o seminterrati abitati, si sa. Un'acqua alta durante le ore di sonno o il malfunzionamento di una pompa potrebbero annegarvi. Tuttavia... Tuttavia qualcuno sembra viverci, come Alvise Da Mosto, una sorta di ricercatore scapigliato, specializzato in casi difficili e apparentemente senza senso, ma tutti con un unico comune denominatore, le opere d'arte. In costante lotta coi vicini, ma dannatamente orgoglioso del suo umido tugurio semi-sommerso, forse unico a Venezia, dotato di una mente acuta anche se disordinata, Alvise spesso si trova a combattere contro la propria coscienza e anche contro il temibile cane nero, creatura psichica, forse onirica, ma dagli effetti tremendamente corporali. Il racconto si svolge attorno al mistero di un orribile Pierrot, trovato sotto a un dipinto del cinquecento, già di per sé cosa inverosimile. Le indagini compiute collaborando con l'amico Stefano, un vero investigatore dal carattere imperscrutabile, e la sua ex compagna Claudia, donna forte ma lunatica e carnale, lo porteranno a vivere situazioni drammatiche e pericolose al limite del surreale.
AQUA ALTA - Pierrot
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