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Politica, biomedicina, arte e tanta suspense si intrecciano in questa esperienza dalla trama originale e coinvolgente.
Sindrome di Venezia
Sindrome di Venezia
Da pag. 55
Sembra dormire piuttosto profondamente; il braccio sinistro penzola inanimato.
Il vaporetto ci passa di fianco, senza far rumore, come non volesse disturbare il sonno fiabesco di questa città e dei suoi ospiti.
Procede spedito, per inerzia, utilizzando la spinta rimastagli per almeno venti metri, sino al pontone.
Ed ecco d’improvviso ravvivarsi il motore, accompagnato dal suono profondo delle eliche che fendono l’acqua. Un suono grave, quasi umano, che si diffonde facendo eco tra le facciate dei palazzi.
Là sotto si sta combattendo una vorticosa battaglia di coesione che ogni singola molecola colpita dalla lama cerca di vincere.
Una nuvola verde smeraldo raggiunge la superficie facendo esplodere migliaia, forse miliardi di bollicine luminose.
Alzo la testa e osservo il cielo stellato, stanotte particolarmente limpido: quanto sei vasto e infinito! Alla fine; che differenza c’è tra noi e tutte quelle bollicine?
“Alvise!”
Guardo l’amico, alienato, come provenissi da una di quelle galassie, e quasi senza volerlo, meccanicamente, mormoro una frase di Josif Brodskij, un altro innamorato perso di Venezia.
“Il lento procedere del vaporetto attraverso la notte era come il passaggio di un pensiero coerente attraverso il subconscio.”
Sospiro e mi metto le mani sul viso; mi sono emozionato al solo pensiero di poter contemplare l’infinito.
***
Poi osservo il Canale di Cannaregio scosso d’improvviso da un vaporetto della linea notte. Al suo interno cinque persone, tra cui spicca una grande donna tutta vestita di rosso. Tiene la fronte mora appoggiata sul sedile davanti, probabilmente di ritorno da una festa abbastanza movimentata.
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